Perché fatichiamo a seguire le norme anti COVID-19?

La mancanza di motivazione nel seguire i comportamenti protettivi raccomandati dalle istituzioni è una reazione, naturale e prevedibile, ad un’avversità che si protrae nel tempo e che fatica a trovare una risoluzione immediata.

La pandemic fatigue

Secondo quanto riportato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, la nostra demotivazione nell’impegnarci in comportamenti protettivi e nel ricercare informazioni legate al tema del COVID-19 è influenzata dalle emozioni, dalle esperienze e dalle percezioni, come anche dall’ambiente culturale, sociale, strutturale e legislativo. L’OMS descrive questa condizione come pandemic fatigue, termine inglese traducibile in italiano con affaticamento da pandemia.

La pandemic fatigue definisce la naturale reazione psicofisica ad uno stress duraturo come quello causato dall’emergenza COVID-19 e si manifesta con sintomi correlati allo stress prolungato, quali sentimenti di disinteresse, alienazione e disperazione. A seguito di ciò, un crescente numero di persone in diversi paesi non segue a sufficienza le raccomandazioni e le restrizioni, diminuendo così lo sforzo nel tenersi informati sulla pandemia, a causa di una ridotta percezione del rischio collegato al COVID-19.

Dal punto di vista sintomatologico, la pandemic fatigue evolve gradualmente nel tempo e viene percepita come una stanchezza mentale, con perdita di forza psichica. È definibile altresì come “anergia”, ovvero quella sensazione in cui si desidera fare una cosa ma poi non la si fa, non per un impedimento fisico, ma perché mentalmente faticosa.

Quali sono le cause?

Il contrasto alla pandemia ha richiesto a tutti di adottare misure ‘“invasive”, che hanno avuto un forte impatto sulla vita quotidiana di ciascuno di noi, tra le quali mascherine, distanziamento fisico tra familiari, limitazione degli spostamenti.

La demotivazione fa parte di una complessa interazione tra molti fattori che influenzano i comportamenti protettivi: il venir meno della motivazione è naturale e prevedibile arrivati a questo punto dell’emergenza. All’inizio di una crisi, la maggior parte delle persone è in grado di attingere alle proprie capacità di intervento – una fonte di sistemi adattivi mentali e fisici a cui gli esseri umani ricorrono per sopravvivere nel breve termine in situazioni di stress acuto. Tuttavia, quando le circostanze emergenziali si trascinano per molto tempo, devono adottare delle strategie di coping differenti, che possono esitare in demotivazione ed esaurimento.

Inoltre, l’interazione fisica personale è stata fortemente limitata, è quindi venuta meno la funzione del gruppo che garantisce al singolo di sperimentare un senso di appartenenza e di soddisfare parte dei propri bisogni materiali e psicologici. Il gruppo, infatti, permette di rafforzare l’individuo, di dargli appoggio e forza psichica

Col passare del tempo, dunque, la minaccia percepita del virus può perdere forza, dal momento che ci abituiamo nel tempo alla sua esistenza, nonostante i dati epidemiologici possano mostrarci che il rischio sia in realtà aumentato.

In queste condizioni, è possibile mantenere una buona salute psichica?

Col passare del tempo le misure restrittive possono divenire insostenibili per la vita psichica. Tutti noi avvertiamo il bisogno di sentirci parte di un progetto personale, familiare e collettivo, partecipi dell’impresa di salvare noi stessi e aiutare gli altri. Allo stesso modo, avvertiamo la necessità di non sentirci prigionieri in una situazione di passività, al contrario, dobbiamo poter sentire che il nostro personale contributo è richiesto, necessario e fondamentale, una parte attiva in grado di fare la differenza nel contrasto alla pandemia

Come essere umani, dobbiamo poter trovare un senso nelle limitazioni cui ci sottoponiamo: dal momento che l’incertezza mina la sicurezza personale, richiede molte forze per poter essere sopportata. Per questo è importante avere un’idea, seppure approssimativa, di un orizzonte temporale che delimita i tempi delle restrizioni. In questo periodo, specie durante il lockdown, può risultare utile organizzare la quotidianità secondo limiti spaziali e temporali ben definiti. Definire dei limiti permette di contenere l’ansia, contrastare lo scivolamento depressivo, trovare un tempo per le pause e rimettersi in forze.

È importante tenere in considerazione anche il nostro bisogno di socialità: noi esseri umani necessitiamo di relazioni significative e continuative con i nostri cari. Mantenere contatti con amici e parenti, anche con i mezzi virtuali, è sicuramente un elemento fondamentale per la salute psichica. Ciononostante, tutti abbiamo notato come sia difficile soddisfare il nostro bisogno di socialità attraverso i canali digitali, questo perché il contatto fisico non è facilmente sostituibile con quello on-line. Gli strumenti virtuali, infatti, non sono in grado di veicolare la sensorialità: il calore, gli odori, il tatto, tutte quelle qualità che permettono all’uomo di attribuire senso e significato alla propria esperienza.

Abbiamo visto come il prolungarsi nel tempo delle limitazioni alle quali siamo quotidianamente sottoposti comporta, in molte persone, un indebolimento del sentimento interiore di autodeterminazione e di libertà. Tali restrizioni comportano inevitabilmente problemi nella gestione della quotidianità di ciascuno di noi e possono provocare o inasprire sentimenti di disagio e di sofferenza psicologica. Se la quota di sofferenza psichica diventa tale da influenzare negativamente la vita di tutti i giorni, è utile rivolgersi ad un professionista. L’intervento di uno Psicologo è fondamentale per il recupero del benessere psichico e per il miglioramento della qualità della vita quotidiana.

Riferimenti: